Lo Strangolatore di Boston: Caccia al serial killer

Titolo: Lo strangolatore di Boston

Genere: Thriller

Regia: Matt Ruskin

Distribuzione: Disney Plus

Trama: Boston, 1962. Loretta Mc Laughlin è una giornalista del Record American che si occupa principalmente della sezione di moda e costume del quotidiano. Quando la città viene sconvolta da una serie di misteriosi omicidi che hanno come vittime donne mature e single, Loretta decide di lasciare la sua rubrica per occuparsi del caso nonostante le diffidenze dei suoi superiori . Ad affiancarla arriva Jean Cole, giornalista di cronaca che con lei condivide l’essere moglie e madre di due bambini. Insieme dovranno scontrarsi con l’incompetenza della polizia di Boston, che non sembra voler approfondire le varie piste a disposizione.

Una storia vera, un caso ancora aperto

Matt Ruskin ripercorre la vicenda del serial killer conosciuto come ” Lo strangolatore di Boston”, poi identificato con Albert De Salvo, che agli inizi degli anni 60 confessò di aver assassinato tredici donne seminando il terrore nella città. A questa vicenda venne dedicato un film già nel 1968 ma in questa versione è narrata dal punto di vista di due coraggiose giornaliste che dedicarono al caso il loro intuito e la loro tenacia fino a dimostrare come l’accusato fosse solo una pedina di un meccanismo più inquietante nel quale emergeva l’incompetenza della polizia di Boston, poi accusata di non proteggere abbastanza le sue donne.

Il punto di vista di un giornalista

Il tutto è raccontato da un punto di vista inedito come quello di due donne alla ricerca della verità, mostrando il lungo percorso che un cronista di cronaca nera deve fare per scrivere il suo articolo, consultando fonti certe all’interno della polizia, intervistando chi è vicino alle persone coinvolte nei fatti come possibili testimoni, persone vicine alle vittime e ai possibili sospettati. Una caccia all’uomo che richiede intelligenza e sangue freddo, forse anche di più di quello necessario alle forze di polizia. Da notare come il regista sceglie di non soffermarsi su particolari troppo macabri ( gli omicidi non sono mai mostrati mentre vengono compiuti). Poco sappiamo di Albert De Salvo, se non nell’ultima parte del film quando si empatizza con le vittime per le quali si prova sempre profondo rispetto. Insomma un film che merita di essere visto non solo per il racconto in sé, ma anche perché fornisce un buon esempio di come le donne dovessero lottare per i loro diritti negli anni 60.

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