
DI COSA TRATTA “Queer As Folk”?
Questo nuovo cocktail di Queer As Folk ha per protagonisti completamente nuovi ed è ambientata a New Orleans, rispetto alla Pittsburgh e alla Manchester dei due originali. La serie è descritta come una versione contemporanea della serie britannica originale incentrata su un gruppo eterogeneo di amici festaioli che trovano sostegno nella comunità gay a seguito a una tragedia che li colpisce. Il punto focale da dove tutto quanto partirà è il noto locale notturno “Babylon” che è il palco delle Drag Queen in questa nuova veste. Si tratta di un reboot che guarda non tanto a quella americana ma alla versione britannica di Queer As Folk.


QUEER AS FOLK E LA NUOVA GENERAZIONE!
Mie carə Bradshawine, eccomi qua! Quando ho letto tempo indietro che era in fase di lavorazione il reboot di “Queer as Folk” ho storto letteralmente il naso perché avevo davvero timore che potessero rovinare e danneggiare una pietra miliare del mondo seriale degli anni 2000. Credetemi, ero veramente in disaccordo perché sono cresciuta con questa serie, mi ha aiutata a fare chiarezza attraverso dubbi, prime esperienze, imbarazzo e sperimentazione… Queer, versione America, ha un grande significato per me, in qualche modo ha dato l’inizio di qualcosa nella mia vita, mi ha chiarito punti “oscuri” e dato, a volte, delle risposte. Queer è la mia fase adolescenziale e anche adulta per certi versi. Ho iniziato la serie quando avevo praticamente 16/17 anni, poi ho smesso perché non sapevo nemmeno io cosa stessi facendo, dopodiché, in età adulta l’ho ripresa e terminata: è stata una delle serie più belle che abbia mai visto in vita mia. Okay, forse sono troppo sentimentale e vecchia perché legata a una cosa del genere, però davvero avevo quel grande timore, dato che i reboot degli ultimi anni, sinceramente, eccetto alcuni prodotti notevoli, sono stati una delusione. Però, almeno in questa occasione, non c’è stata.

Partiamo dal fatto che è completamente diversa dei suoi predecessori famosi, soprattutto dell’ultima, la versione storica americana di grande successo. Queer USA, era incentrata quasi sempre sulla storia d’amore passionale e tossica tra Brian (chi non ha sbavato almeno una volta per quest’uomo in quegli anni? Gale Harlod era il sesso in persona signorə! Credetemi sulla parola) e il piccolo Justin: un continuo farsi male, corrersi dietro e non capire mai, forse nemmeno nel finale, in che direzione si stesse andando nella relazione.

La serie ruotava attorno alla loro tormentata storia d’amore, e io, essendo romantica di natura e, ammetto, disturbata, mi ero illusa che quello lì fosse amore corrisposto e sano. Beh, in fase adulta poi ho capito che non era esattamente così, che l’amore non è quello, ma d’altronde rappresentava anche una realtà più radicata di quanto potessi pensare. A tempo debito vi parlerò di Queer, di Brian e Justin, promesso. Ora però concentriamoci sulla nuova veste di questo progetto.

Dicevamo, il reboot ha un’impostazione totalmente nuova : tutto si concentra nella festosa, colorata e sfavillante New Orleans, però la vita dei protagonisti dello show viene da subito deturpata e in qualche modo plasmata dal primo episodio. La serie racconta del giovane e sfacciato protagonista Brodie Beaumont (Devin Way ) che torna a New Orleans dopo aver abbandonato medicina: Brodie è un ragazzo senza regole, confuso, spesso con poco senso ragionevole e pratico, egoista, come se volessero fare riferimento (paragone però improbabile) al protagonista storico della versione americana, ovvero Brian Kinney! Brian aveva quella forte personalità dirompente che o lo amavi o lo odiavi, mentre Brodie ha meno personalità, spesso sembra un personaggio poco delineato e con meno impatto, passando il più delle volte come un co- protagonista che tutto il resto.

A fare da controbilancio c’è la personalità frizzante ed estrosa, ma anche assottigliata in alcuni punti di Mingus (Fin Argus) uno studente adolescente non binario che vuole diventate una drag queen e che conosce Brodie proprio quella famosa sera, viene salvato da lui letteralmente parlando mentre sta partecipando a un contest a tema nel famoso e iconico locale notturno “Babylon Club” popolato da personalità queer e palco delle drag! Il contesto iniziale è comunque di un romance dramma, ovvero dell’incontro tra Brodie e Mingus, che fa richiamo, in parte, alla situazione tra Brian e Justin e della “relazione” altalenante, ma che nel resto di tutta la stagione non avvera mai, se non in un incontro fugace e sessuale tra i due. Mingus corre dietro (qui ricorda a tratti Justin, ma ha più dignità, non me ne vogliate) a Brodie in maniera compulsiva e spesso umiliante, mentre l’altro non è interessato dall’interesse del ragazzo, quasi non lo sfiora alle volte perché è estremamente egocentrico a livello esponenziale, simile al suo predecessore. Una storia d’amore che non è storia d’amore perché non sboccia per niente nell’arco del racconto. Capiremo, nel mezzo della stagione, che il salvataggio “eroico” di Brodie verso Mingus era soltanto il giusto espediente per presentare la storia dello show e del suo significato, non la loro storia relazionale. Anzi, aggiungerei che c’è una storia d’amore “storica” che si dipana sempre più nel corso degli episodi, ma non voglio raccontare di più per non rovinarvi nulla.

Nella matassa ci sono le storie che s’intrecciano alle loro vite, ovvero quelle di Ruthie O’Neil (Jesse James Keitel) migliore amica di Brodie, con la quale hanno un rapporto complicato ed estremo, donna trans, insegnante d’inglese di Mingus e compagna di Shar (CG) non binaria che aspetta due gemelli, la quale il donatore di sperma è Brodie, ma la ragazza non approva il comportamento del ragazzo.

Poi c’è Noah Hernandez (Johnny Sibilly) ex di Brodie, giovane e complessato avvocato nero che ha una relazione con Daddius( Chris Renfro) migliore amico di Brodie che è stato ripudiato dalla famiglia in quanto omosessuale. La loro storia d’amore ci viene ricordata attraverso flashback, peccato! Avrebbero potuto sviluppare molto di più per la loro storyline.

Nel cast c’è anche Julian Beaumont (Ryan O’Connell) fratello timido, inizialmente, di Brodie, con una lieve paralisi celebrale che si scoprirà anch’esso omosessuale e instaurerà un rapporto con gli amici di Brodie, soprattutto con Noah… Inoltre, a fare da supporto alla storia ci sono anche Marvin (Eric Graise,) giovane gay nero dal carattere forte e a tratti irritante che vuole rendere la vita notturna cittadina più accessibile alle persone con disabilità, dato che lui per primo deve muoversi su una carrozzina e anche Bussey (Armand Fields) leader della comunità LGBTQIA+ e drag queen del Babylon che si prende cura delle sue ragazze con istinto materno e protettivo ma dalla personalità colorita e sopra le righe.

A chiudere la cerchia troviamo guest star storiche che rivestono il ruolo adulto dei genitori di Brodie e Julian, Brenda Beaumont( Kim Cattral) indimenticabile Samantha Jones di Sex and the City, una donna ricca e snob, ma che riserva grandi insicurezze e fragilità, suo marito Winston Beaumont (Ed Begley Jr.) uomo granitico e assente come padre e marito, e infine una spumeggiante e mamma single, Judy (Juliette Lewis) alle prese con il figlio Mingus.

Un cast corale ed eterogeneo che forse anche scontato a livello relazione, ma che porta in risalto l’individualità di ogni personaggio attraverso le proprie storie completando quel quadro queer fatto di ombre e di luci. Nella storia tuttə ci sembrano in realtà protagonistə perché ognuno ha il suo carattere ben curato e personalità da mostrare che a volte, non me ne vogliate di nuovo, ma vanno a distogliere l’attenzione dal protagonista principale della storia, ovvero Brodie. Anzi, se avessero giocato bene le loro carte e avessero lavorato a fondo sulla personalità di Mingus (perché ha una forte luce quel ragazzo, complice la bravura dell’attore) lui sarebbe stato, a mio parere, il vero protagonista della storia. Parentesi a parte, notiamo fin da subito che oltre i triangoli amorosi, questioni famigliari, adozione, accettazione, personalità, trasgressione, sesso, diversità, inclusione e drammi nel mezzo, l’attenzione da parte degli autori è sulla criminalità d’odio che i protagonisti vivranno fin dai primi momenti della storia. Lo spettatore la percepisce come la percepiscono loro ma sempre in maniera moderata e non brutale.

ATTENZIONE SPOILER: se non hai visto la serie ti suggerisco di non continuare la lettura dell’articolo
Quella sera al Babylon avviene qualcosa di sconvolgente e che segnerà l’esistenza dei protagonisti della storia perché ci sarà una sparatoria che metterà fine alla vita di nove persone, lasciando un vuoto incolmabile per chi resta e la paura di essere ormai un bersaglio della cattiveria omofoba! La situazione è ispirata ai fatti di Orlando, la sparatoria avvenuta nel club Pulse l’11 giugno 2016 nella quale morirono cinquanta persone e quasi sessanta furono ferite.

Nella strage purtroppo perderà la vita Daddius migliore amico di Brodie e amante di Noah: le loro vite verranno segnate inesorabilmente da questa tragedia e della costante sensazione di essere ora in pericolo. La storia scorre in fretta mostrandoci come certe situazioni possono modificare la realtà e gli equilibri individuali e collettivi, dimostrando, purtroppo, quanto a oggi sia facile ormai sfruttare crimini di questo genere e situazioni dolorose per creare da parte della stampa, televisione e media un circo mediatico sulla vita delle persone. Infatti, la strage del Babylon nell’arco della storia diventa il tema con la quale alcune personalità sfruttano l’occasione per avere il momento di popolarità e attenzione sui social. A farne spese sono quindi le vittime colpite che passano dal proprio dolore all’essere ostaggi di veglie funebri celebrate da persone distanti dalla loro realtà ma che, in maniera inopportuna, si schierano con la comunità per mettere in atto la farsa del sostegno che molto spesso vediamo andare in scena, quella dove si scade nella morbosità, indecenza e poco rispetto nell’invadere il privato delle vittime, delle famiglie e dei sopravvissuti, dove si entra con ferocia nella sfera emotiva e personale altrui per guadagnare consensi pubblici e di facciata.

Nonostante il crimine d’odio, disprezzo e sfruttamento da parte dei media e personaggi di dubbia qualità che vogliono soltanto lucrare sulla tragedia, la comunità LGBTQIA+ della storia si stringe attorno a sé creando un nido di protezione, una barriera di sicurezza perché tuttə si proteggono tra loro perché sono una famiglia e non soltanto una comunità fatta di sfumature, disavventure e tragedie. E difatti, a discapito di tutto quanto, a modo loro, respingono le commemorazioni sensazionaliste, opportuniste, arriviste e ipocrite, e festeggiano e ricordano le persone che hanno perso a modo loro ridando splendore e vita al luogo da dove tutto è partito : il Babylon Club. Il luogo dell’anima della comunità, un luogo di unione, libertà d’espressione, feste e sfavillanti spettacoli di Drag Queen: un luogo che non è soltanto un luogo ma anche una casa, una protezione dal male della società nonostante gli eventi. Rivendicando così il proprio diritto alla vita, all’esistenza, minato dalla strage vissuta. Se nella serie precedente il tutto era molto più genuino, soap opera , stravagante, colorito e, a tratti, commedia e punte di drammaticità quanto bastavano facendo spazio all’accettazione di sé e della realtà in cui si viveva, in questa nuova rivisitazione, che poi richiama di più alla versione inglese, si esplora già quella tematica ma affronta anche questioni più serie e con toni decisamente cupi, drammatici e dispersione dell’anima raccontando anche di realtà come non binary, trans e con disabilità che fanno parte del quadro Queer che nella serie madre venivano spesso emarginati o poco considerati per dare spazio ai protagonisti bianchi e privilegiati, mentre qui le etnie, le realtà e i mondi sono diversi.

In conclusione: non vi aspettate il solito e trito reboot o remake di una serie madre perchè nonostante le premesse iniziali e aspettative di tanta gente, le tradirà perchè è un mondo a sé, ha una storia assestante. In questa nuova veste l’attenzione è sulla diversità e libera espressione non da conquistare (come spesso capita) ma è già acquisita e intensificata. Vengono messi i puntini grandi su questioni personali, su storie, battaglie, punti critici dell’essere umano che completano il tutto creando un vero e proprio punto di forza della serie. La strada è bella spianata nel portare avanti una generazione antecedente e precedente seguendo il suo percorso, come se il passato fosse un custode protettore che si delinea verso un presente senza etichette , per poi arrivare a un futuro migliore privo di cattiveria umana e discriminazione. Utopia? Direte, ma nelle serie TV tutto è concesso. Detto ciò, guardate il reboot anche voi fan puristi, perchè vi ricorderà una parte della vostra adolescenza e della vostra vita che porta fieramente avanti una nuova generazione Queer che prosegue.
VOTO: 6 e mezzo
Miss. Bradshaw