Fenomenale come il signor Antoine Fuqua riesca nello stesso anno a sfornare due prodotti così diversi tra loro come The Guilty e INFINITE, da una parte Netflix, dall’altra Amazon Video; il match questa volta lo vince la piattaforma di streaming con il logo rosso.
Se da un lato, Fuqua, con il remake del film danese, riesce a tirar fuori un prodotto ponderato, lineare e sintetico (costretto probabilmente dalla matrice da cui ha preso spunto), dall’altro, la sceneggiatura che si è trovato tra le mani gli ha permesso di esprimere in 106 minuti tutto il suo estro, la sua voglia di stupire e purtroppo, mi duole dire, tutta la confusione registica e la poca accuratezza nella scrittura che spesso si ritrovano nelle sue opere.

Come un leone in gabbia, in The Guilty, il massimo che il regista era riuscito a mostrare con il suo stile personale era una breve sequenza iniziale totalmente in CGI, in cui veniva mostrata una città devastata dagli incendi e un paio di brutti elicotteri di soccorso. Con INFINITE invece, grazie anche alla presenza di un attore come Mark Wahlberg, ormai super utilizzato in ruoli da macho ed eroe senza macchia, Antoine ha potuto esprimere tutto il suo fare pomposo e scriteriato, con un soggetto che si auto demolisce ogni volta che cerca di dare una spiegazione della propria esistenza e una sequela di scene d’azione di riempimento noiose e di poco impatto estetico.
Innanzitutto, già la premessa della storia è quanto di più stupido si possa trovare all’interno di un film di fantascienza e azione, in cui i personaggi principali dovrebbero subire un percorso tra le fragilità e la consapevolezza dei propri mezzi. Quanto interesse ci può essere nel seguire delle persone con il dono dell’immortalità? Nessun pericolo così grande da poterli sconfiggere o dare la sensazione apparente della disfatta, un nemico a cui dare quasi ragione, e qua e là qualche idea scopiazzata da titoli ben più noti e storici, quali Inception, Matrix ed Endgame.

Il film ci mostra un protagonista che subito sappiamo, qualsiasi sorta di casini gli potrebbero mai capitare, non sarà mai veramente finito del tutto; morire di vecchiaia o per mano del nemico sarebbe indifferente, tornerebbe di nuovo, con altri corpi, ma la stessa anima pregna di millenni di insegnamenti e facoltà fisiche fuori dal normale; che poi vogliamo parlare veramente di quella sorta di “potere” che gli hanno affibbiato? L’immunità ai colpi di vento?
Il “temibile” Bathurst (Chiwetel Ejiofor), è l’unico che per quanto malato, possiede una giustificazione plausibile per la sua pazzia, la condizione in cui è confinato rende quasi “interessante” le capacità di reincarnazione degli Infiniti, una condanna dalla quale non si può scappare se non con la distruzione totale di ogni forma di essere vivente. Il signor Thanos vi ricorda qualche cosa?

La problematica principale della pellicola è la totale incoerenza nel racconto, che ogni tre per due smentisce quello che dichiara un minuto prima, distruggendo le teorie para scientifiche che dovrebbero fare da colonna portante alla struttura principale; la pellicola annoia, l’azione è poca e non esiste il brivido del pericolo, perché è il pericolo stesso ad essere azzerato dalle premesse iniziali della narrazione.
Infinite è un film scialbo e senz’anima, costruito per dare spettacolo attraverso rimandi ad altre opere, carpendone solo la forma e ignorando i messaggi principali che altri autori hanno voluto dare.
Pretenzioso e stupido.