RECENSIONE Space Jam: New Legends

Inutile non partire subito toccando il problema principale di questo SPACE JAM: NEW LEGENDS: l’inevitabile paragone col suo storico predecessore Space Jam. Pellicola che è stata non solo uno dei ricordi più belli dell’infanzia di molti ragazzini, ma un punto di svolta importantissimo per il Cinema del nuovo millennio. L’innovazione nell’uso degli effetti visivi e della tecnica mista, la collaborazione con attori in carne ed ossa e le star più famose dei cartoni animati (iniziata anni prima con il celeberrimo Chi ha incastrato Roger Rabbit), fu un mix esplosivo in grado di dare vita ad un vero e proprio cult degli anni novanta.

Una delle star più grandi di tutti i tempi, il più grande sportivo vivente dell’epoca (Michael Jordan), che doveva giocare la partita più importante della sua vita fiancheggiato dai Looney Tunes, un sogno che si avverava sia per i grandi che per i più piccoli, misto tra commedia fantascientifica e avventura cartoonesca in grado di dare vita ad una serie di pellicole derivative (vedi Looney Tunes: Back in Action) mai all’altezza dell’originale. Il film è diventato presto mitologico proprio perché mai si era visto sul grande schermo un evento così importante come la collaborazione tra star dello sport e delle serie animate; la trama per quanto infantile potesse essere, aveva lo spirito di rilanciare un Michael Jordan che di lì a poco avrebbe lasciato definitivamente l’NBA e i personaggi animati più importanti della televisione americana, che stavano cedendo il testimone, un po’ alla volta, alla nuova generazione di Anime Giapponesi e serie televisive stile Griffin.

Per quanto riguarda NEW LEGENDS, il film si presenta come diretto sequel di quello del 1996, con vari riferimenti ai protagonisti dell’epoca, ma con un impianto grafico e tecnologico del tutto innovativo, al passo con i tempi. Come fosse un passaggio di testimone, nella pellicola di Malcolm D. Lee, viene proposto un soggetto non troppo dissimile da quello del suo predecessore ma con una veste completamente moderna: effetti digitali, grafica 3-D, motion capture e tecnica di animazione tradizionale che riescono a portare sul grande schermo mondi e personaggi da tutti gli angoli dell’universo Warner Bros. Proprio questo è il lato migliore del prodotto, l’operazione nostalgia funziona alla perfezione, riuscendo a far breccia anche nel cuore dei più tradizionalisti; sono stupefacenti le sequenze in cui il protagonista LeBron James, trasformato in cartone animato, viaggia insieme a Bugs Bunny, Daffy Duck e co. attraverso i vari universi della famosa casa di produzione statunitense, tra i quali: le serie animate di Superman e Batman, Harry Potter, Matrix ecc.

Purtroppo questo è anche il lato negativo del film. Mentre ci troviamo davanti al momento clou della vicenda, siamo distratti inesorabilmente da quello che accade al di fuori del campo da basket; i protagonisti della storia passano in secondo piano e lo spettatore, è più concentrato a riconoscere tra il pubblico i personaggi più famosi della Warner (e ce ne hanno messi davvero parecchi), piuttosto che a seguire una partita nella quale gli effetti speciali sono troppo ingombranti e rubano la scena ai giocatori in azione.

Tra i vari The Mask, IT, il Pinguino “di Tim Burton”, Mr Freeze “di Joel Schumacher, Batman, Superman, Pirati dei Caraibi, Trinity di Matrix e chi più ne ha più ne metta, ci risulta difficile interessarci alle vicende che riguardano LeBron e suo figlio, uno dei personaggi più odiabili della cinematografia moderna.

Il rapporto descritto nel film è scialbo e senza verve, la problematica del fratello minore che vuole seguire la sua strada senza farsi influenzare dal padre, risulta vecchia e raccontata con pochissimo approfondimento emotivo; per questo non abbiamo empatia verso la trama e gli attori. L’unico a salvarsi è probabilmente James, in grado di tirar fuori qualche espressione buffa e un paio di battute azzeccate, mentre tutti i personaggi umani che gli ruotano intorno sono tra i più fastidiosi mai visti.

La pellicola è indirizzata per lo più ad un pubblico di bambini e anche per questo è difficile empatizzare con la vicenda. Probabilmente, riguardando lo Space Jam del 1996 ai giorni nostri, anche in quel caso sembrerebbe di trovarsi davanti a qualche cosa lontana dai nostri ricordi fanciulleschi, ma che comunque ha scritto tutta la storia dell’infanzia di milioni di persone, e l’innovazione tecnologica non precludeva assolutamente la connessione emotiva e il sentimento, ne’ l’amore che si poteva avere per quei personaggi e per il Cinema in generale; sicuramente era una trovata di marketing anche quella, ma fatta con il cuore.

In questo caso, la star sportiva non riesce a tenere a galla una nave appesantita dal bagaglio culturale e storico da essa stessa creato, e messo in secondo piano per lasciare spazio alla celebrazione della tecnologia moderna, in grado di rendere grandiose le immagini e allo stesso tempo svilire la storia e rendere sterili i sentimenti.

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