Il racconto dell’ancella, dalla sottomissione alla vendetta

 Ora Rachele vide che non poteva partorire figli a Giacobbe, perciò Rachele divenne gelosa di sua sorella e disse a Giacobbe: «Dammi dei figli, altrimenti muoio».
Giacobbe si adirò contro Rachele e rispose: «Tengo io forse il posto di Dio che ti ha negato il frutto del grembo?».
Allora ella disse: «Ecco la mia serva Bilha. Entra da lei e lei partorirà sulle mie ginocchia; così anch’io potrò avere figli per suo mezzo». 

Genesi, 30;1

Questo principio biblico ha scatenato la fantasia di Margaret Atwood. E se esistesse un posto, un luogo, una città in cui fosse possibile concepire figli in questo modo? Nacque, così, dalla penna dell’autrice canadese, Gilead, una New York molto diversa da quella che conosciamo oggi: niente libertà, sottomissione della donna in tutti gli ambiti, una gerarchia ferrea. Nel 1985 uscì Il racconto dell’ancella, un testo che è diventato poi uno dei capisaldi del movimento femminista. E, ovviamente, anche la serie tratta da quest’opera letteraria è diventata il simbolo della lotta contro la violenza delle donne. Ideata da Bruce Miller,  Il racconto dell’ancella (titolo originale: The Handmaid’s Tale) è stata distribuita da Hulu nel 2017, in Italia trovate tutte e quattro le stagioni su TimVision. La quarta stagione si è conclusa il 16 giugno 2021 e ha gettato le basi per un’altra stagione, probabilmente quella finale. Sulle sorti della prossima stagione si possono solo fare congetture al momento; ciò che,però,invece è indiscutibile è il fatto che sia una serie imperdibile. Si può ascrivere al genere distopico e dramamtico, ma non mancano scene splatter e crude. La serie denuncia i totalitarismi e, soprattutto, grida a gran voce il bisogno di tutelare le donne, spesso vittime di violenza.

Di cosa parla? In un futuro distopico il tasso di fertilità è in calo a causa dell’inquinamento. Dopo una guerra civile, viene istituita Gilead, quella che prima corrispondeva agli Stati Uniti d’America. Molti abitanti di Gilead cercano di scappare in Canada; alcuni riescono, altri sono meno fortunati. Cosa succede a chi resta a Gilead? E cosa succede alle donne? Le donne fertili diventano ancelle, ossia devono offrire il loro utero alle famiglie più importanti della città. Il metodo usato per procreare è proprio quello descritto nel passo della Genesi, letteralmente. Le ancelle sono vestite di rosso, hanno dei cappelli bianchi con una visiera e non riescono mai a vedersi in faccia, anche le attrici infatti hanno trovato difficoltà e hanno dovuto basare la loro recitazione principalmente sull’udito. Le Marte fanno parte della categoria di donne che devono svolgere le faccende domestiche, sono troppo anziane per procreare ma ancora utili per la società. Poi abbiamo le Zie, le donne più anziane che invece si dedicano all’istruzione delle ancelle con punizioni corporali e psicologiche. Infine abbiamo i Comandanti e le loro Mogli, coloro che comandano Gilead. In un sistema così rigido, le donne non possono leggere, nessuno può amare chi vuole (l’omosessualità è condannata) e chi infrange le regole finisce al muro, impiccato. Ed è in questo contesto che inizia la storia dell’ancella June Osborne, ribattezzata come Difred ( perché proprietà di Fred, in inglese è Offred).

June, intepretata dalla pazzesca Elizabeth Moss, è stata mandata a casa del comandante Fred Waterford (Joseph Fiennes) per compiere il suo dovere di ancella. Subito entra in conflitto con Serena Joy (Yvonne Strahovski), la moglie del comandante. Quest’ultima è gelosa dei numerosi rapporti che devono avere Fred e Difred e in più prova invidia nei confronti di June per la sua fertilità, infatti Serena non può avere figli. La rivalità tra le due donne, entrambe dai caratteri forti, sarà una costante per tutte le stagioni, anzi, sarà anche il motore per alcune vicende. Ma June, prima di essere Difred, aveva una famiglia, era sposata con Luke (O. T. Fagbenle) e insieme avevano una bambina di nome Hanna, strappata ai genitori per essere affidata ad un’altra famiglia di Gilead. June farà di tutto per ritrovare sua figlia e per contattare il marito, cercherà in tutti i modi di scappare da Gilead e di aiutare le ancelle. Il personaggio di June cambia nel corso delle stagioni, se inizialmente è sottomesso e cerca di sopravvivere, nell’ultima stagione diventa forte e sarà alimentato dal senso di vendetta: rivuole la sua vita indietro ma soprattutto desidera che i responsabili paghino per tutto il male che hanno fatto.

Una storia molto forte, quella de Il racconto dell’ancella, in cui le scene di stupri, percosse, omicidi vengono mostrati senza alcun filtro. E spesso è proprio June a raccontare i fatti, portandoci con mano nella sua mente e in quel mondo ingiusto, nei suoi sentimenti più profondi. Ha un ritmo incalzante, è sempre imprevedibile e ti lascia con il fiato sospeso. È una di quelle serie di cui devi assolutamente vedere il seguito. Inoltre, la forza del cast è impressionante. Agli attori già citati, si aggiungono Alexis Bledel (conosciuta per Una mamma per amica)nei panni di Emily, un’ancella lesbica che diventerà amica di June; Ann Dowd nei panni della temuta Zia Lydia, Samira Wiley (conosciuta per aver partecipato alla serie Orange Is the new black) nei panni di Moira, amica da sempre di June, e Max Minghella nei panni di Nick Blaine, l’autista di Fred Waterford ma che poi ricoprirà un ruolo sempre più importante ai vertici di Gilead.

Sicuramente non è una serie leggera, non è una serie da binge watching sebbene vi catturi dal primo istante anche per le tematiche trattate. Infatti, Gilead è brutale e incattivisce chi è nelle reti di quel sistema, ne è la prova la trasformazione di June: il percorso che ha fatto è strepitoso ma oscuro. Nell’ultimo confronto con Serena Joy possiamo vedere tutta la forza e la bravura di queste due attrici, e si nota, appunto, quanto il desiderio di vendetta possa essere forte. E poi non possiamo dimenticare una delle frasi più celebri della serie (ripresa dal romanzo), la frase che June trova incisa nella sua stanza dai Waterford: 

Nolite te bastardes carborundorum.

“Non lasciare che i bastardi ti schiaccino”, è la frase della resistenza delle ancelle, e sarà il leitmotiv di tutta la serie. La particolarità di questa serie è che ci mostra un mondo in cui la donna ha assaporato la libertà e poi è stata nuovamente sottomessa. Davvero è possibile che la donna non si ribelli? Che accetti tale condizione? Diciamo che il motto della serie dà una risposta a questa domanda. Se non l’avete ancora vista, se amate queste tematiche e non vi spaventano le scene forti, ve la consiglio vivamente!

Voto 9

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