
Da qualche anno a questa parte, Netflix, piattaforma già affermata nella produzione seriale, è entrata nel campo cinematografico, con risultati nella maggior parte dei casi dimenticabili ma spesso anche interessanti e meritevoli. In questo articolo proporremo cinque titoli originali del colosso streaming che non temono il confronto con pellicole prodotte e/o distribuite in modo “tradizionale”.
Malcolm & Marie (Sam Levinson, 2021)
La regia è bellissima e la fotografia molto raffinata, ma proprio il lato visivo, per quanto notevole, rende troppo estetizzante un dramma da camera che dovrebbe invece essere basato più sulla scrittura. La sceneggiatura è comunque bella, ritmata e spesso brillante, anche se un po’ troppo e ripetitiva nella seconda parte. Bellissima la colonna sonora (anche se a volte un po’ invasiva), molto bravi Washington e soprattutto Zendaya.
Storia di un matrimonio (Noah Baumbach, 2019)
La sceneggiatura, colonna portante del film insieme alla recitazione, riesce a descrivere con realistica lucidità e profonda empatia una situazione che spesso non immaginiamo possa essere così dolorosa, risultando quindi originale e davvero toccante. Scarlett Johansson e Adam Driver sono eccezionali (come Laura Dern, premiata agli Oscar 2020) e anche la fotografia è di ottima fattura.
Diamanti grezzi (Josh e Benny Safdie, 2019)
Il continuo rumore di sottofondo ma, oltre a essere molto innovativo, restituisce la sensazione di estremo realismo e di confusione che vuole dare il film. La sceneggiatura mostra criminali che non hanno nessun fascino, una serie di situazioni eccessive e fuori dall’ordinario ma allo stesso tempo profondamente banali e misere: Adam Sandler, ingiustamente ignorato agli Oscar, stupisce nella sua interpretazione di un protagonista perfettamente calato nell’ambiente, di cui è però anche vittima. Notevole il finale, originale come del resto l’intera pellicola e soprattutto molto coerente.
Sto pensando di finirla qui (Charlie Kaufman, 2020)
Film davvero notevole ma anche molto ostico, soprattutto a causa della trama decisamente destabilizzante. Molte tematiche sono simili a quelle già trattate da Kaufman in Synecdoche, New York (2008) ma sono presentate in modo più godibile, soprattutto grazie al clima spesso da thriller psicologico. Molto apprezzabile anche il lato visivo, in particolare per via della la scelta del formato 4:3. Il finale è spiazzante, ma può essere compreso “leggendo” il film a ritroso.
The Irishman (Martin Scorsese, 2019)
Un film consapevolmente “vecchio”, una ricognizione nostalgica ma disincantata sul genere che ha consacrato cast e regista. Non può essere apprezzato a pieno senza aver visto almeno Goodfellas, possibilmente anche Mean Streets e Casino. Oltre al target limitato (lo stesso Goodfellas risulta molto più godibile anche per un pubblico generico), l’unico difetto è la fotografia troppo patinata, comunque necessaria a non far stonare i pesanti interventi di CGI.