Grey’s Anatomy: episodio dedicato alla violenza sulle donne

***Attenzione: l’articolo potrebbe contenere spoiler***

“Troppo spesso si dice che i traumi siano solo nella nostra mente, ma il dolore che proviamo è tutto vero. Lo sentiamo nei muscoli, nelle cellule, nel cuore e nella testa. E dal momento che non esistono poteri o pillole in grado di farlo scomparire, non ci resta che chiedere aiuto.”

Così si conclude l’episodio 15×20 “Silent All These Years”, andato in onda giovedì 28 marzo, lasciando in bocca quel verosimile senso di amarezza tipico della cruda realtà in cui stiamo vivendo negli ultimi anni. La voce della dottoressa Grey in sottofondo come ogni volta racchiude il senso dell’intera puntata, mantenendo quel tono familiare di saggezza, quasi come fosse una cara vecchia amica.

La serie “strappalacrime” per eccellenza ha da poco raggiunto il primato come medical-drama più longevo della tv e Shonda Rhimes non sembra intenzionata a chiudere il sipario di questo palcoscenico ricco di storie, segreti e passioni.
Grey’s Anatomy si tinge di rosa con l’ultimo episodio trasmesso, interamente dedicato alle donne e alla violenza che esse sono costrette a subire ogni giorno in silenzio e non.
L’episodio racconta di tre esperienze che hanno a che fare con tre donne diverse: Jo Wilson-Karev va alla ricerca della madre che l’ha abbandonata ad appena cinque giorni dalla nascita, al Grey Sloan una paziente ha un’oscura storia da raccontare e, infine, trattata con più leggerezza, la cotta adolescenziale del giovane Tuck.

Le tre vicende sembrano inizialmente essere scollegate tra loro ma, in realtà, sono legate da un unico filo conduttore; il rispetto che più e più volte è stato negato a tutte le donne vittime di qualsiasi tipo di violenza.

La serietà dell’argomento è dovuta al fatto che, al giorno d’oggi, sono fin troppi i casi di stupro/violenza fisica femminile registrati nel mondo e, possibilmente, non sono nemmeno la metà di quelli effettivi. La Rhimes, quindi, ci propone in chiave solidale di denunciare ogni tipo di comportamento non autorizzato, che possa nuocere sia fisicamente che anche solo mentalmente.

Jo Wilson sembra turbata per i primi minuti e durante il corso dell’episodio ci vengono offerti dei flashback che raccontano com’è andato l’incontro con la madre ritrovata, una volta scoperto chi è e dove vive. Quello che la giovane dottoressa scopre da quell’appuntamento è a dir poco agghiacciante e, lievemente, fa spostare quel dito che per anni è rimasto puntato contro la sua misteriosa figura materna.
La donna confessa di aver subìto uno stupro da ragazza e che, da questa violenza, è nata Jo; l’abbandono, sicuramente, non può essere giustificato ma i motivi sono fin troppo importanti adesso per pensare semplicemente di scaricarle tutta la colpa.

“Ero terrorizzata ogni singolo momento della gravidanza. […] Ero così spaventata pensando che potessi essere un bambino e che avessi la sua faccia e la sua voce.”
In parole povere, la nascita di Jo le avrebbe ricordato a vita il colpevole e, non parlandone con nessuno, ha preferito letteralmente abbandonare tutto ciò che le ricordasse lui e andare avanti con la sua vita.

La seconda storia, che si intreccia con quella della dottoressa Wilson quasi viaggiando su binari paralleli, racconta del dolore e della paura di Abby, arrivata in ospedale piena di lividi e contusioni e mentendo inizialmente sul motivo. La sua storia è la storia di molte donne:
“Crederebbe a una donna che ha indossato una gonna troppo corta, che ha bevuto un paio di drink in più al bar, l’altra sera, dopo aver litigato su chi dovesse fare il bucato con il marito?”
Com’è successo troppe volte, la paura di raccontare e non essere ascoltate subentra nel tentativo di denunciare e, solo dopo diverse richieste da parte dei medici per evitare che la verità venga seppellita per sempre, la paziente decide di sottoporsi al kit antistupro prima di essere operata per le ferite riportate dall’accaduto.
Scena che avrà fatto versare qualche lacrima è sicuramente il suo ingresso verso la sala operatoria totalmente “recintato” di sole donne (analogia che simboleggia la solidarietà femminile di cui ogni donna sente il bisogno in un momento del genere) in modo che Abby non abbia sotto gli occhi la vista di nemmeno un uomo, troppo traumatizzata per affrontare la situazione.

Infine, le vicende di Tuck – figlio adolescente di Miranda Bailey e momentaneamente distratto sentimentalmente da Kelly – trattate con un tema più leggero e innocente. Sia Miranda che Ben sentono la necessità di sensibilizzare il ragazzo (come ogni genitore dovrebbe fare) esponendolo a temi riguardanti il rispetto per la donna.
“Pensa a una partita qualsiasi in tv. Ci sei? Corrono, si buttano uno sull’altro, lottano, si rincorrono finché non si fanno male. Oppure finché qualcuno urla ‘time out’. Allora il gioco finisce e nonostante si stiano divertendo, si fermano lo stesso. Tutti hanno acconsentito. […] Devi solo imparare ad ascoltare la tua ragazza, devi tenere ai suoi sentimenti, alla sua felicità, almeno tanto quanto tieni alla tua.”

Il discorso a fine episodio di Ben Warren non è indirizzato solo al giovane ma, sicuramente, a chiunque avesse ancora dubbi sull’argomento.
Abbiamo quindi entrambe le facce della medaglia; se da un lato non si deve mai rimanere in silenzio, dall’altro è necessario che questo silenzio non abbia alcun motivo di esistere.

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