Per molti aspetti, Defiance è stata una serie all’avanguardia.
Quando la rete via cavo Syfy ne annunciò la produzione, nel 2011, fu subito chiaro che si trattasse di un progetto ambizioso: parallelamente alla serie televisiva con ambientazione post-apocalittica sviluppata da Rockne S. O’Bannon e prodotta da Universal Cable Productions sarebbe stato prodotto anche un videogioco sparatutto con il medesimo nome, un MMO sviluppato dalla Trion Worlds la cui trama si sarebbe intrecciata a quella della serie e le cui vicende sarebbero state parte integrante degli episodi televisivi.
Serie TV e gioco debuttarono in contemporanea nel 2013, e l’episodio pilota ottenne una delle medie d’ascolto più alte di sempre tra i debutti delle serie di Syfy, con circa 3.834.000 spettatori.
Probabilmente tale risultato, al pari di una del tutto straordinaria rapidità di vendita della serie all’estero, fu merito della diffusione del videogioco che, a differenza della serie TV, cancellata per gli elevati costi di produzione dopo la conclusione della terza stagione, viene ancora prodotto e aggiornato.
L’accoglienza da parte della critica non fu tra le più entusiaste, ma migliorò sensibilmente con l’avanzare degli episodi (12 per la prima stagione e 13 per le stagioni successive), tanto che Maureen Ryan di The Huffington Post lo definì “uno show televisivo intelligente e ben fatto con un buon cast e un sapore avventuroso,” aggiungendo che finalmente si trattava di una “vera fantascienza”. Non mancò di elogiare anche il casting, le performance degli attori e il design della produzione.
Produzione che non si limitò a questo: nel progetto venne coinvolto David J. Peterson, il linguista a cui dobbiamo il Dothraki e il Valiriano di Game of Thrones, che per la prima stagione sviluppò due lingue complete: il Casti e l’Irathieno, oltre ad abbozzare le basi per gli idiomi parlati da altre due razze: gli Indogeni e i Liberata.
Alla fine della terza stagione aveva sviluppato un nuovo sistema linguistico anche per la razza Omec e ben quattro alfabeti.
La colonna sonora venne invece affidata a Bear McCreary (Battlestar Galactica, Outlander, The Walking Dead e Da Vinci’s Demons, per il quale vinse un Emmy nel 2013). Per lui la sfida fu di dare vita a due corpus musicali affini ma distinti, che si adeguassero alle differenti esigenze dello show televisivo e di un’esperienza videoludica. Per realizzare i diversi patrimoni musicali delle culture aliene protagoniste di Defiance attinse alla musica etnica tanto a quella orchestrale, spaziando dai canti popolari a pezzi cerimoniali, passando attraverso il jazz, il rock e i jingle.
Al centro della vicenda c’è la piccola città stato Defiance, una sorta di città da far west con tanto di miniera, sorta sulle rovine di San Luis dopo le “Guerre Pallide” in cui i terrestri si sono scontrati con gli invasori alieni, i Votan, provenienti da un sistema solare collassato.
Sotto il nome di “Votan” si radunano diverse razze che, dopo la fine della guerra e la “Caduta delle Arche”, ovvero la distruzione delle navi spaziali su cui la maggior parte di loro era ibernata, si sono ritrovate a non poter più lasciare il pianeta. La Terra è stata vittima di una massiccia e incontrollata “terraformazione” a causa dell’energia aliena sfuggita al collasso delle navi, che ha portato, oltre alla trasformazione della superficie terrestre, anche all’estinzione di molte razze e alla nascita di nuove specie.
Protagonisti della serie TV sono Joshua Nolan un ex soldato, interpretato da Grant Bowler e l’aliena Irisa Nyira, interpretata da Stephanie Leonidas, figlia adottiva di Nolan. Entrambi sono tra i personaggi principali del videogioco.
Al loro arrivo a Defiance, Nolan viene nominato nuovo tutore della legge e, da quel momento si ritrova a dover collaborare col sindaco Amanda Rosewater (Julie Benz) per mantenere il delicato equilibrio tra le razze che popolano la città.
Defiance è un crogiolo di razze che si sono unite per ricominciare, ma non senza difficoltà: antichi schemi e pregiudizi, tradizioni portate avanti per paura di perdere le proprie origini, si scontrano con la realtà di una società che si sta ancora formando e dove non ci sono buoni o cattivi, ma persone comuni che fanno quello che devono per sopravvivere.
Fino alla terza stagione è difficile persino individuare un vero nemico: la minaccia più rilevante non è l’invasore extraterrestre, ma la Federazione Terrestre, che vuole mettere le mani sulle miniere di Defiance, togliendo indipendenza alla città.
Un’altra differenza rispetto a molti altri show televisivi è che i problemi non hanno sempre una facile risoluzione, anzi: in più di una occasione, con notevole coraggio, sono stati uccisi personaggi di rilievo e amati dagli spettatori mantenendo una ferrea coerenza nelle linee narrative.
I personaggi di Defiance hanno spesso un passato scomodo che grava sul loro presente, ma sono determinati a cogliere la seconda possibilità che la città offre; è così per il medico Indogene Meh Yewll (Trenna Keating) che durante la guerra faceva esperimenti su cavie umane e per lo stesso Nolan, considerato un criminale di guerra, ma anche per l’ambizioso e crudele Datak Tarr (interpretato da un bravissimo Tony Curran), capo locale dei Castitani, e la sua astuta moglie Stahma (Jaime Murray) che devono scendere a patti con l’amore del loro unico figlio per una ragazza Terrestre.
L’ambientazione di Defiance non parla di tolleranza e inclusione del diverso, ma la sbatte sotto gli occhi del telespettatore: la sopravvivenza dipende dalla cooperazione.
Non si creda, comunque, che la situazione sia semplice: le frange estremiste che ripudiano l’idea di mischiarsi ad altre razze non mancano nemmeno a Defiance, così se gli alteri Castitani vengono segretamente ammirati da alcuni, altri continuano a chiamarliapertamente “Spettri” mentre Irisa, sebbene figlia di Nolan, deve fare i conti con la sua origine Irathiena, razza disprezzata anche dalle altre etnie Votan perché considerata selvaggia e portatrice di malattie.
In definitiva, la forza di Defiance sta nel mostrare dinamiche realistiche in un contesto fantascientifico e post-apocalittico che ha però radici solide nella verosimiglianza, convincendo lo spettatore che le cose potrebbero persino andare così.